Vincere non conta se non si gioca alla pari
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3 Marzo 2023Da dietro la porta arrivano insulti razzisti. Il portiere gambiano Edrisa Nyabally vorrebbe uscire, ma i compagni lo convincono a restare in campo. La squadra di calcio dell’Untermais resta unita contro il razzismo.
Uno degli sport più accessibili al mondo, di certo il più popolare. Il calcio parla da sempre lingue diverse, viene concepito e vissuto in modi anche molto diversi, eppure è sempre lo stesso sport. La multiculturalità non può che essere uno dei valori più importanti di qualunque squadra e l’Untermais (Maia Bassa), che milita in Terza Categoria, non fa eccezione. Ed è sfortunatamente a seguito di due episodi di insulti razzisti ad uno dei suoi giocatori che la società altoatesina e la sua squadra hanno dovuto dimostrarlo.
È successo a Foiana di Lana, in occasione della partita tra Untermais e Völlan Tisens (Foiana-Tesimo), qualche mese fa. Proprio un tifoso del Völlan Tisens si è reso protagonista, anzi antagonista, lanciando improperi a sfondo razzista al portiere dell’Untermais, il ventitreenne gambiano Edrisa Nyabally.
Impossibile girarci intorno: tutti hanno sentito gli insulti e lo spettatore viene allontanato prontamente. Ma non si può certo pretendere che un atleta abbia ancora desiderio di mettere in campo tutto sé stesso per una platea da cui, di contro, giunge invece la peggiore miopia sportiva e umana. Anche perché quello è il secondo episodio di razzismo che l’Untermais subisce in poco tempo: due settimane prima a Prato dello Stelvio è stato un giocatore a perpetrare gli insulti. In quel caso niente espulsione, perché l’arbitro ha affermato di non aver sentito.
Restare in campo contro il razzismo
Stavolta però è diverso: sono gli stessi compagni a convincere Edrisa a mantenere il proprio posto fra i pali e continuare a difendere la propria porta. Il giovane estremo difensore resta perciò in campo, il razzismo rimane fuori. Ma l’eco rimane, perché i gesti di solidarietà non sono sufficienti se non accompagnati da un dialogo di tolleranza e comprensione che serva ad educare e a sensibilizzare.
E l’Untermais è una società che può contare su tanti punti di vista diversi. Dal presidente Simone Marras, sardo di nascita, a giocatori che arrivano da nord a sud della Penisola. E ancora altri originari del Marocco, Tunisia, Kosovo, Albania. È naturale che tutti sentano molto il tema della tolleranza, che oggi dovrebbe essere solo una realtà da accogliere.
Nel frattempo l’Untermais promette che tutti usciranno dal campo, se dovesse capitare ancora un episodio simile, mentre prepara un’iniziativa contro il razzismo. Una settimana dopo infatti i giocatori dell’Untermais e della squadra avversaria (Lasa), oltre all’arbitro, hanno indossato una maglia con la scritta “no al razzismo”.