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È la strada che ha scelto di intraprendere il tiratore fiorentino Niccolò Campriani, tre volte medaglia d'oro, una volta argento olimpico.
A Tokyo 2020, l’Olimpiade del 2021, Campriani ha intrapreso un’esperienza diversa dalle sue precedenti tre partecipazioni ai Giochi: allenare una formazione composta da atlete e atleti rifugiati, senza esperienza nel suo sport, per consentire loro di partecipare alle Olimpiadi.
Dopo l'oro nella carabina 50 metri vinto nel 2016 a Rio de Janeiro «in maniera rocambolesca», avendo approfittato di un errore all'ultimo tiro dello sfidante russo Sergej Kamenskij, Campriani sentiva di dover dare indietro qualcosa. «Tornato a casa decisi di condividere questo successo con Unhcr Italia che mi invitò in Zambia, in uno dei più grandi centri di rifugiati dell’Africa», ha raccontato Campriani al Corriere della Sera.
«È stata un’esperienza che mi ha colpito molto. Ricordo ancora le parole di un ragazzo che mi disse: “Non dispiacetevi per noi, credete in noi”. Sono tornato a casa e ho deciso di supportare tre ragazzi per portarli al minimo della qualificazione olimpica nella carabina ad aria compressa. Siamo partiti da zero. Tutto si è basato solo sul fundraising. Ho fatto leva sul mio essere campione olimpico e ho contattato i miei sponsor chiedendogli donazioni. La squadra sarà composta da 29 atleti che gareggeranno in dodici discipline, tra cui due miei ragazzi».
Un sogno olimpico
Il sogno olimpico è diventato realtà per Luna Salomon e Mahdi Yovari: lei eritrea, lui afgano, entrambi fuggiti in Svizzera. Non è riuscita a qualificarsi un’altra delle atlete allenate dell’olimpionico azzurro, Khaoula Sellami, siriana. «Continuerà ad allenarsi», ha assicurato coach Campriani. Yovari, nel frattempo, ha deciso di competere a Tokyo assieme alla nazionale del suo paese, proprio poche settimane prima della ritirata delle truppe americane da Kabul e della conseguente riconquista del potere da parte dei talebani.
Per Campriani, che lavora come dirigente amministrativo nella sede del Comitato olimpico internazionale a Losanna, questa esperienza non è che il primo passo verso uno sport sempre più inclusivo: altri atleti infatti, hanno deciso di seguire il suo esempio in vista dei Giochi di Parigi del 2024 allenando una squadra di rifugiati. «L’idea è di ispirare altri campioni», dice Campriani. «Più che di una medaglia mi interessa far conoscere le loro storie».